E’ incredibile quanto spesso ci limitiamo per paura.
La paura è un’emozione, di quelle emozioni dette “primarie”, perché è una di quelle emozioni che tutti quanti provano indipendentemente dall’età, dal sesso, dallo status sociale, dalla provenienza geografica e culturale. E’ detta “primaria” proprio perché appartiene a tutti gli uomini senza distinzioni, come la felicità o la tristezza o al rabbia.
La paura si dice sia anche necessaria, perché è quella emozione che ci consente di evitare i pericoli, ad esempio ci fa fuggire davanti a un leone o ci fa arretrare davanti a un burrone e via dicendo.
La paura è istintiva: ha permesso all’essere umano di sopravvivere per milioni di anni ed è sempre stata un bene per la sopravvivenza dell’uomo sulla terra. La paura è stata una grande alleata soprattutto nell’antichità, quando l’istinto di sopravvivenza era fondamentale per poter arrivare a sera sani e salvi.
Ma all’essere umano moderno la paura a cosa serve? Ci è rimasta la paura per la sopravvivenza. Questa ci fa guidare con prudenza, ci fa camminare a bordo strada, ci fa prestare attenzione a non sporgerci troppo davanti quando siamo alla finestra. Ma ai giorni d’oggi spesso la stessa paura che ci protegge è la stessa che ci frena dall’osare a vivere a pieno la nostra vita. E’ quell’emozione che ci blocca davanti alle possibilità, che ci paralizza davanti alla realizzazione dei nostri sogni. Nella società moderna sembra che la paura sia passata dall’essere istintiva, ad essere un prodotto della nostra mente.
Una delle paure più grandi di noi uomini e donne moderni è senza dubbio quella dell’ignoto. Si manifesta come paura di cambiare lavoro, paura di cambiare casa, paura di cambiare partner, paura di lasciare la famiglia d’origine. Spesso è gestibile, alcuni distacchi e cambiamenti sono necessari e fanno parte della vita, ma capita non di rado che questa paura dell’ignoto diventi qualcosa di paralizzante, tanto da non dormirci alla notte. Pensiamo e ripensiamo a come sarà se prendiamo una certa decisione: e se fosse quella sbagliata? E cosa mi succederà? E se sarò triste? Se non è la scelta giusta? Cosa ne sarà di me? E le persone attorno a me poi soffriranno? Ovviamente difficilmente le domande che ci vengono alla mente sono positive. Difficilmente pensiamo a: cosa succederà se sarò felice?
La paura dell’ignoto credo sia la più potente, probabilmente perché noi essere umani moderni siamo abituati a pensare decisamente troppo. Pensiamo in continuazione. Pensiamo al passato, pensiamo al futuro, rimuginiamo su quello che ci è successo, immaginiamo quello che potrebbe accaderci se… siamo sempre più sconnessi da noi stessi, sempre più connessi col cellulare e vedere, contemplare e vivere vite che non sono le nostre, che non ci appartengono. Siamo sempre più discostati dal momento presente. Perdiamo, con l’età, sempre più il contatto con la realtà, con il mondo del reale, in virtù di un mondo immaginario che deve ancora accadere. Questo il più delle volte fa soffrire, proprio perché il futuro non è conosciuto e non può esserlo fino quando non diventerà presente. E così arriva inesorabilmente la paura dell’ignoto.
Mi è accaduto qualcosa di simile proprio ieri, una sciocchezza che però mi ha fatto riflettere.
Era una settimana che avevamo programmato di trasferirci nella casa in campagna per passare i prossimi mesi, fino a settembre. Per quanto io ami quella casa, dentro di me, guardando dove stavamo vivendo, avevo un’ansia terribile. Avevo già nostalgia delle mie cose, della mia sala, la mia cucina, gli strumenti musicali, i libri, i pennelli, i miei vestiti. Certamente avrei potuto portare tutto con noi, ma non sarebbe stata la stessa cosa. La casa in campagna è più piccola, i ritmi diversi, non avrebbe avuto molto senso portare tutto, soprattutto portare tutto adesso. Così non ero molto convinta di voler chiudere la casa per il trasferimento. L’altra casa è a soli 10 minuti di macchina, non stiamo parlando di un vero e proprio trasloco, ma l’agitazione arrivava ugualmente.
Ieri ho preparato l’essenziale, ho caricato la macchina e sono arrivata nella casa in campagna.
Ho messo le lenzuola nei letti e… mi sono sentita a casa. Sto bene, sono felice e serena. Mi sono davvero resa conto che la mia ansia era generata da una paura dell’ignoto: paura di sentire la mancanza, paura di fare fatica a prendere i nuovi ritmi, paura di non avere le mie comodità. Niente di più lontano dalla realtà dei fatti. Appena ci siamo trasferiti abbiamo avuto ospiti inaspettati, incontri totalmente casuali, sono stata all’aria aperta, mi sono goduta il sole, non ho mai urlato dietro alle mie figlie, ho acquistato la verdura dal nostro ambulante di fiducia. Sono stata bene. Sono stata più presente a me stessa.
Casa è dove si ha il cuore, dicono. E nonostante spesso io abbia paura del futuro, mi devo sempre ricordare che è il momento presente che deve essere vissuto. Ed è solo rimanendo concentrati sul momento presente che si può coltivare la propria vera natura.
Occorre fare distinzione tra istinto e mente. La paura oggigiorno spesso deriva dalla mente ed è questa che ci frena nella maggior parte delle volte dal vivere a pieno. Dovremmo provare a coltivare di più il nostro spirito, il nostro istinto, il nostro cuore, perché è solo in questo modo che possiamo davvero vivere una vita piena, nella gioia, e a distinguere quella voce che ci guida, da una mente che ha paura e tende a sabotarci.
Come ci si può allontanare dalla mente?
Uno dei metodi che conosco e che voglio condividere con voi oggi è il radicamento.
Cosa significa radicamento? Il radicamento è il “mettere radici”. Il radicamento è l’avere radici forti e solide ben ancorate a terra. Questo permette di non volare con la mente, ma di rimanere ben saldi, concentrati sul presente, sulla materia, sul fare. Dobbiamo pensarci come alberi ben piantati: qualunque sia il vento loro rimangono fermi e forti. Così è quello che dobbiamo fare noi.
Personalmente quello del radicamento è un tasto dolente. Sono abituata a stare tutta tutta tutta nella testa, a farmi mille viaggi mentali, a pianificare per giorni e giorni per poi non arrivare a nessuna conclusione. Riesco a rimuginare per settimane sulle cose. Questo si nota in tanti aspetti della mia vita: tendo ad essere poco concreta, a ottimizzare poco il lavoro, a lasciare i sogni del cassetto.
Come ci si radica?
Le tecniche per radicarsi sono molte, ognuno ha il suo metodo. Ci sono diverse meditazioni di radicamento, diverse posizioni di yoga, tante attività energetiche collegate al primo chakra e visualizzazioni.
La cosa più semplice però è MUOVERSI. Per radicarsi occorre muovere e rafforzare il corpo, partendo principalmente dalle gambe, che sono i nostri tronchi.
Per questo consiglio di iniziare proprio con delle belle camminate, possibilmente immerse nella natura, nel verde, a contatto con la terra, gli alberi e il cielo. Camminare è il primo passo per riprendere contatto con noi stesse e con il nostro corpo. Il contatto col corpo è la chiave per zittire la mente: gambe forti, testa leggera. Anche per questo si dice mens sana in corpore sano. Siamo un tutt’uno, ma spesso ci si preoccupa solo di una delle due parti, o del corpo, o della mente.
E poi è importante fare fare fare. Ogni attività che implica un movimento del corpo finalizzato a produrre qualcosa è parte del radicamento, come ad esempio impastare il pane. Ma anche passare all’azione, invece che continuare a programmare in eterno è parte del radicamento.
Personalmente riparto però sempre da una meditazione mirata.
Come mi radico
Come ho detto prima, io e il radicamento non siamo proprio migliori amiche. Ma capisco che sia qualcosa di cui ho bisogno e quindi periodicamente cerco di impegnarmi per fare qualcosa che rafforzi le mie radici. Le mie attività principali sono: una meditazione di radicamento e ashtanga yoga. Nei miei buoni propositi anche le passeggiate all’aria aperta, ma ammetto che non riesco a inserirle bene nella mia quotidianità.
Sulla meditazione di radicamento e l’ashtanga yoga magari dedicherò un post a parte se vi può interessare, perché sono due temi grandi da affrontare a cui vorrei dedicare il giusto spazio. Intanto vi invito a scrivermi cosa ne pensate!

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