Sindrome dell’impostore. Quanti di voi ne hanno sentito parlare?
Io mi sono avvicinata a questo concetto qualche anno fa, quando mi sono scontrata con la realtà della partita iva.
ATTENZIONE! Non sono una psicologa o una psicoterapeuta. Sono solo una giovane (?) donna che racconta di sé, delle esperienze di amiche vicine, che legge e studia, che è curiosa e ha voglia di condividere quello che impara.
Detto ciò, inizio subito dicendovi che per scrivere e pubblicare questo post ci ho messo più di un mese. E perché mai, direte voi…
Sindrome dell’Impostore: cos’è?
Cos’è la sindrome dell’impostore? Da definizione, la sindrome dell’impostore è “un’espressione informale per descrivere uno stato d’animo, una condizione psicologica persistente per cui una persona talentuosa non riesce a convincersi dei propri meriti, compromettendo in modo significativo la sua qualità di vita”.
Ad oggi non è un disturbo psicologico classificato nel manuale diagnostico dei disturbi mentali.
Il termine è stato coniato già nel 1978 da due psicologhe americane, Pauline Clance e Suzanne Imes, che avevano osservato un gruppo di donne che, nonostante il loro successo, non si sentivano mai all’altezza del proprio ruolo.
Vivere con questa idea non è semplice perché porta a diversi disturbi, tra cui ansia, blocco, perfezionismo, incubi notturni, paura. Può “colpire” uomini e donne in modo indistinto, anche se, per cultura, tendono ad essere più le donne a soffrirne. E’ un disturbo che va a toccare la propria autostima e l’immagine di sé e del proprio valore e spesso è associata a persone che ricoprono ruoli importanti, ma non riescono a vivere con serenità e gioia i propri successi.
Chi vive con la sindrome dell’impostore è convinto di ingannare gli altri rispetto al proprio valore e di non meritare il raggiungimento di traguardi importanti, così si sminuisce quando raggiunge dei risultati o addirittura si vergogna per i suoi successi.
Chi soffre della sindrome dell’impostore tende ad avere una vocina che lo accompagna e che tende a sabotarlo costantemente ricordandogli che non è meritevole, che la sua è solo “fortuna” e non bravura, che le circostanze erano solo favorevoli, che il suo successo non sarà duraturo etc.
Da cosa nasce la sindrome dell’impostore?
Principalmente dobbiamo renderci conto che noi non vediamo tutto delle persone che abbiamo di fronte. Vediamo magari donne e uomini talentuosi, ma non conosciamo il loro percorso, i loro dubbi, le loro debolezze. Tendiamo a guardare solo la superficie visibile delle cose e a paragonarci ad essa, quando in realtà nessuno sa quanto si nasconde sotto la punta di quell’iceberg che sovrasta la nostra percezione delle cose.
Il paragone con l’altro è una delle cause possibili, amplificata certamente dal fenomeno dei “social network”, dove l’apparenza è tutto.
Un’altra causa dell’insinuarsi di questa debolezza deriva da esperienze famigliari e scolastiche fondati su critiche e competizione. Un ambiente di questo tipo può portare a diversi problemi di autostima e non sentirsi mai abbastanza bravi, pronti, preparati etc nelle diverse sfide della vita.
Può succedere anche che i bambini che vivono queste situazioni sviluppino col tempo un falso “sé compiacente” per ricevere una validazione da parte degli altri e nasca in lui una continua ricerca di approvazione da parte degli altri.
La sindrome dell’impostore tra le mie intervistate
Nel linguaggio comune si tende a parlare di sindrome dell’impostore quando il soggetto ha paura ad avviare un’attività o a fare emergere i propri meriti perché non si sente mai abbastanza bravo o non è sicuro di sé.
Alcune delle ragazze che ho intervistato hanno espresso più volte insicurezza e paura di non essere all’altezza delle aspettative e delle richieste dei propri clienti e per questo motivo tendevano a farsi poca pubblicità, a non esporsi troppo, a rallentare la loro crescita professionale pur essendo delle donne talentuose nel loro lavoro con clienti soddisfatti, tanto da lavorare spesso tramite il passaparola e i feedback positivi ricevuti.
Non mi sento mai adeguata e penso sempre che ci sia qualcuno più capace di me. Io cosa posso dare, cosa fare, cosa dire in più a qualcuno quando in realtà mi sento molto fallibile? Non mi sento in grado di accompagnare una persona o un gruppo in un cammino di crescita quando io stessa mi sento in cammino.
Io anche quando sono ammalata non riesco a stare tranquilla e questa cosa la affronto ancora abbastanza male, nel senso che razionalmente mi rendo conto e mi ripeto che sto a casa dal lavoro per il mio bene, che il mondo continua a girare anche senza di me e che i problemi sono altri, che quello che non ho fatto oggi lo farò domani, ma emotivamente fatico a stare davvero tranquilla al 100%. Sinceramente non so da dove nasca questo senso di colpa, anche perché io rispondo a me stessa, non ho un datore di lavoro che mi può rimproverare se sto a letto una mezza giornata. Penso che sia una cosa innata e trasmessa dalla società in cui stiamo vivendo, siamo talmente sempre sotto pressione e abituati a performare e dover dimostrare che “facciamo, produciamo, non perdiamo tempo etc” che quando mi capita di stare poco bene mi sento in colpa “col mondo”.
Quando ho iniziato a lavorare in proprio ho passato mesi a studiare e ristudiare cose che sapevo già, solo perché avevo paura di non essere abbastanza brava. Non mi proponevo, non cercavo clienti e se mi chiamava qualcuno mi sminuivo e tenevo i prezzi molto bassi. Mi sono accorta che qualcosa non andava quando ho visto persone meno capaci di me mostrarsi senza paura, proporsi e aumentare il loro pacchetto clienti. Subito ho pensato che loro fossero dei veri e propri impostori, in realtà a molte persone piacevano lo stesso e quindi mi sono detta: perché non provare a crederci di più?
Per anni non ho avuto il coraggio di chiedere un giusto compenso per il mio lavoro perché non mi sentivo mai abbastanza brava. Anche oggi, anche se riconosco questo limite, faccio fatica a superarlo e quando lo faccio lo sento come una violenza nei miei confronti, una forzatura.
L’effetto Dunning-Kruger
L’“effetto Dunning Kruger” è quella che viene definita una distorsione cognitiva.
Essa consiste in due risvolti opposti:
- chi non ha competenze o esperienza spesso si sopravvaluta. Questo può essere talvolta tenderà ad esprimere con convinzione la propria opinione. Spesso questa distorsione è propria di quelle persone che, proprio perché non competenti, non si rendono conto di quanto non sono capaci in determinati settori. A causa di questa poca consapevolezza rispetto ai loro limiti, loro si sentono preparati e così si propongono apertamente senza paura, perché davvero pensano di essere bravi.
Tra questa categoria di soggetti possiamo fare rientrare i narcisisti. - chi avrebbe le competenze ha paura di esprimerle e si sminuisce, finendo poi per non creder nel proprio valore. Tra queste persone ci sono quelle affette da “sindrome dell’impostore”.
Occhio al perfezionismo!
Generalmente, chi è affetto da sindrome dell’impostore tende ad aspirare a standard molto elevati e ad essere molto critici verso se stessi. Non sono solo ambizioni e perfezionisti, ma anche molto intransigenti e giudicanti.
La perfezione non esiste e la ricerca di questa fantomatica meta X sarà sempre difficilie, se non impossibile, da raggiungere. Bisogna assolutamente prenderne atto e fare semplicemente del proprio meglio con gli strumenti che si hanno a disposizione, perché altrimenti si cade nella frustrazione per non essere “mai abbastanza”.
Alcuni consigli
Alla base della sindrome dell’impostore c’è una bassa autostima e una serie di credenze limitanti che generano la paura di non essere all’altezza delle situazioni, non essere abbastanza bravo, non essere accettato e via dicendo.
Il primo passo da compiere è:
- riconoscere questi schemi, queste credenze una alla volta
- accogliere queste credenze e osservarle SENZA GIUDIZIO
- trasformare le credenze con amore. Dietro a ogni credenza c’è sempre della luce!
- attenzione alle parole che usiamo con noi stessi
- tieni un diario delle emozioni per quando ti senti poco sicuro, scrivile e osservati da fuori: cosa diresti a te stesso se tu fossi un tuo amico o una tua amica?
- ricordati che gli errori servono per crescere, sbagliare non significa essere sbagliati
- tenere traccia dei propri successi, delle proprie recensioni positive
- sii gentile con te stesso/a, nessuno nasce imparato
- il lavoro è importante, ma noi non siamo il nostro lavoro
Spero che queste brevi informazioni e questi consigli possano esservi d’aiuto.
Se avete domande o precisazioni da fare vi invito a farli nei commenti.
Vi ringrazio!

Krisztina
Aprile 21, 2023Centrato e affondato!
Come se avessi intervistato me :D, pensavo fosse una specie di modestia la mia o che gli altri si complimentano (della casa, la mia cucina, i miei lavori) solo perche sono amici e mi vogliono bene oppure se fanno i complimento ai miei quadri sicuramente non sono esperti. !-(
Io mi sono specializzata anche il nascondere la gioia di un successo perche appena la mostro sicuramente quella cosa smette di accadere, le vendite sopratutto. Dico sempre che sono sporadiche per colpa della fortuna ed è meglio non crederci troppo.
Parlo per esempio 5 lingue ma non le metto a rendita, penso che sia solo un caso che ho dovuto impararle. E moltissime altre cose… Che casott!!
Speriamo di diventare piu consapevoli e smetterla.
Un abbraccio Kri
Elena Manzini
Aprile 21, 2023Cara Kri,
grazie per la tua testimonianza! Ti auguro davvero con tutto il cuore di vedere e conoscere presto la luminosa, talentuosa e magnifica donna che sei!
Godi dei tuoi successi a pieno!!!
Alessia
Aprile 21, 2023Grazie. Bellissimo articolo. E utile direi! ❤️
Elena Manzini
Aprile 21, 2023Oh Ale, grazie mille!!!